RICORDIAMOCI DELLA GRECIA MENTRE IL VIRUS ATTACCA

(Scritto a giugno 2015, tuttora attualissimo mentre il virus cinese impazza) Grecia: è Guerra Mondiale delle economie. Perché la Germania deve essere sconfitta, essa, il primo alleato della Cina.

Lo sfruttamento che la Germania pretende di imporre sulla “colonia Europa” e sulla Grecia deve essere spezzato a qualunque costo. La Germania dimentica, mostrando intransigenza con la Grecia, che per ben quattro volte il suo debito è stato azzerato. E inoltre la sciagurata riunificazione tedesca è stata pagata dall’Europa e soprattutto dall’Italia e dalla Grecia. Qui di seguito un articolo di Gillian Tett (nella foto), del 15 Gennaio 2015, per il Financial Times, ignorato ovviamente dalla stampa italiana.

Un debito con la storia?
Gillian Tett – Financial Times – 16 Gennaio 2015

Secondo alcuni, la Germania, considerati gli aiuti di cui ha goduto, ha il dovere morale di aiutare la Grecia.
Mentre si approssimano le cruciali elezioni di fine mese in Grecia, la stampa offre molte immagini di manifestazioni (o scontri) ad Atene. C’è tuttavia un’altra immagine sospesa nei miei ricordi: un’elegante sala da pranzo sulle rive del lago dei Quattro Cantoni, in Svizzera.
L’estate scorsa mi trovai lì per una conferenza, a cena con molti governatori delle banche centrali. Fu un evento gradevole, solenne, reso interessante dall’alta qualità delle conversazioni. Quando il caffè fu servito – naturalmente in porcellane cinesi – Benjamin Friedman, prestigioso storico dell’economia, si levò per la conferenza del dopo cena.
I mandarini, ben accomodati nelle loro poltrone, attendevano un rilassante discorso accademico, sugli arcani della politica monetaria. Friedman lanciò invece una granata.
“Ci incontriamo in un momento instabile nel percorso economico e politico di molte parti del mondo, l’Europa è certamente fra queste” cominciò con tono inopinatamente monocorde (cito dalla versione on-line del suo discorso, poiché non fu consentito prendere appunti). Spiegò prudentemente che intendeva leggere il suo discorso da un manoscritto per essere certo che ogni parola fosse corretta. Il pubblico manifestò un certo disagio.
Friedman fece una breve rassegna d’un paio di minuti sulla storia finanziaria occidentale, evidenziando la natura senza precedenti dell’esperimento della moneta unica europea, tratteggiando un default dei governi centrali e locali nel 20° secolo. Poi, marcandolo la voce, sottolineò che la Germania è una delle beneficiate senza limiti dell’estinzione del debito di tutto il secolo scorso: in diverse occasioni (1924, 1929, 1932 e 1953), gli alleati occidentali avevano ristrutturato il debito tedesco.
Allora, perché la Germania non può fare lo stesso per gli altri? “Vi sono numerosi precedenti in Europa sia per la riduzione del debito sia per la sua ristrutturazione… Non vi è alcun motivo economico per il quale la Germania sia l’unico paese europeo in tempi moderni a essere affrancata in forma massiccia dal debito e certamente è immorale che accada”.
“La capacità presunta dei paesi europei oggi più fortemente indebitati di ridurre i loro debiti nel tempo, tenuto conto della misura delle loro economie, è verosimilmente un’altra finzione”, continuò, redarguendo circa i possibili disordini se tale situazione continuasse.
Scese un gelido silenzio. L’uditorio era così stordito che nessuno si mosse quando giunse il momento delle domande.
Friedman non evocò la Grecia in particolare. Tutti sapevano non di meno che cosa intendesse dire. Friedman aveva evidenziato una profonda frattura, sebbene i banchieri centrali siano usualmente una classe accademica, molto impegnata a evitare qualunque attrito interno.
Molti dei tedeschi e dei rappresentanti di altre nazioni dell’Europa settentrionale, presenti quella sera, avvertirono come scandaloso – se non immorale – per chiunque suggerire che i debiti della Grecia fossero ammortizzati. Dopo tutto, mormoravano sul loro caffè, Atene era impantanata da anni di corruzione e incompetenza burocratica, se non di frode. «Com’è perdonabile il debito, quando un paese ha un età pensionabile di 50 anni?” Un funzionario osservò.
I funzionari delle nazioni periferiche europee erano ancor più indignati. La Germania, secondo loro, ha il dovere morale di contribuire ad aiutare la Grecia, visto l’aiuto goduto in precedenza (come Friedman aveva cortesemente illustrato). In ogni caso, con un debito in rapporto al PIL al 175 per cento, sembrava impossibile che il paese potesse mai pagare i suoi debiti, quantunque costretto.
In ogni caso quella notte fu chiaro anche o soprattutto ai banchieri centrali che la “questione Grecia” ha un aspetto profondamente emotivo, non solo economico; il che non è una sorpresa.
Come ha osservato David Graeber nel suo importante libro “Debito: i primi 5.000 anni”, il credito è una costruzione sociale e politica. Ogni volta che le società hanno operato in passato con pochi vincoli per l’ammontare del credito, ciò ha sempre spiralizzato il debito, fino a causare implosioni sociali, oppure la società ha stabilito procedure formali per condonare il debito. In passato, vi sono state molte di tali valvole di sicurezza, come i giubilei del debito di biblica memoria in Israele oppure la pratica di “pulire la lavagna ” (che memorizzava i debiti) nell’antica Mesopotamia.
Il problema tuttavia in Europa è che non è chiaro chi abbia il potere di fare tabula rasa. Mentre gli alleati occidentali avevano sufficiente controllo sulla Germania, per ristrutturarne il debito dopo la seconda guerra mondiale, oggi il potere è diffuso in modo confuso e torbido. Nel frattempo, l’idea di condonare il debito ha così tanti sottintesi morali che gli americani insistono sulla mutua rottamazione dei debiti, come gli economisti Atif Mian e Amir Sufi, illustrano nel loro recente libro House of Debt. E in Europa, Friedman pensa che l’umore punitivo richiama la “filosofia retributiva” del 19° secolo che mandava i debitori in prigione. Default è considerato immorale.
Più la Grecia si contorce sotto il peso del debito, tanto più le passioni si infiammano – in tutte le direzioni; anche nei foschi saloni delle banche centrali. Forse è giunto il momento per qualcuno di distribuisca il libro di Graeber più diffusamente fra i banchieri centrali europei. Per fortuna, è ora disponibile in tedesco e in greco.

leggi pure

Grecia in camera a gas, UE e NATO pure

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Informazioni su Piero Laporta

Dal 1994, osservate le ambiguità del giornalismo italiano (nel frattempo degenerate) Piero Laporta s’è immerso nella pubblicistica senza confinarsi nei temi militari, come d'altronde sarebbe stato naturale considerando il lavoro svolto a quel tempo, (Ufficio Politica Militare dello Stato Maggiore della Difesa). Ha collaborato con numerosi giornali e riviste, italiani e non (Libero, Il Tempo, Il Giornale, Limes, World Security Network, ItaliaOggi, Corriere delle Comunicazioni, Arbiter, Il Mondo e La Verità). Ha scritto “in Salita, vita di un imprenditore meridionale” ed è coautore di “Mass Media e Fango” con Vincenzo Mastronardi, ed. Leonardo 2015. (leggi qui: goo.gl/CBNYKg). Il libro "Raffiche di Bugie a Via Fani, Stato e BR Sparano su Moro" ed. Amazon 2023 https://shorturl.at/ciK07 è l'inchiesta più approfondita e documentata sinora pubblicata sui fatti del 16 Marzo 1978. Oggi, definitivamente disgustato della codardia e della faziosità disinformante di tv e carta stampata, ha deciso di collaborare solo con Stilum Curiae, il blog di Marco Tosatti. D'altronde il suo più spiccato interesse era e resta la comunicazione sul web, cioè il presente e il futuro della libertà di espressione. Ha fondato il sito https://pierolaporta.it per il blog OltreLaNotizia. Lingue conosciute: dialetto di Latiano (BR) quasi dimenticato,, scarsa conoscenza del dialetto di Putignano (BA), buona conoscenza del palermitano, ottima conoscenza del vernacolo di San Giovanni Rotondo, inglese e un po' di italiano. È cattolico; non apprezza Bergoglio e neppure quanti lo odiano, sposatissimo, ha due figli.
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19 risposte a RICORDIAMOCI DELLA GRECIA MENTRE IL VIRUS ATTACCA

  1. Giacomo Mangano scrive:

    La ringrazio per la pubblicazione dell’articolo del Financial Times che, senza la Sua presentazione, non sarebbe arrivato ai lettori italiani. I temi che il problema intercetta (come si può rilevare dai commenti all’articolo) sono molteplici: economici, storici, morali ecc. Credo, però, che il punto della questione sia proprio quello evidenziato da Lei nell’incipit e nel commento.
    Mi spiego meglio:
    1. L’attuale posizione egemonica tedesca, a prescindere dalle sue cause o concause (sono innegabili le concessioni per i debiti di guerra, ma anche le grandi capacità e la determinazione del popolo tedesco) non è altro che la giusta rappresentazione del paradigma realista delle relazioni internazionali. Cioè la conferma che lo stato di natura che meglio rappresenta l’agone internazionale non è quello teorizzato da Rousseau, ma quello hobbesiano. Infatti, i rapporti di forza regolano le relazioni reciproche tre gli stati (membri UE compresi), a maggior ragione in un contesto multipolare dove gli interessi regionali e statali hanno maggior libertà dall’antecedente imbrigliamento bipolare. Una matura analisi politica prescinde, quindi, da altri aspetti se non questi che sono le concrete leve geopolitiche. É, semmai, compito degli altri stati imporsi o trovare accordi che permettano a se stessi e alla loro popolazioni di ottenere il massimo dai rendimenti marginali che il quadro internazionale permette.
    2. Per quanto riguarda la situazione Greca sono sempre più convinto che la soluzione sia solo politica e non economica, come i mass-media riferiscono. In pratica lo afferma anche Lei e la Tett, riportando le parole di Friedman, sulle passate estinzioni del debito tedesco. Oggi sulla scena internazionale non ci sono solo gli stati (anzi, qualcuno ne teorizza pure la loro morte come soggetti internazionali), ma in una società fortemente globalizzata ci sono anche, e soprattutto, le grandi società economiche e finanziarie (che da sole fanno più del PIL di molte nazioni occidentali messe assieme). Questo alternarsi di notizie e di accordi fa il gioco di chi muove grosse quantità di danaro e guadagna sui future e sui realizzi con i rimbalzi degli indici di borsa. Non credo che la Grecia esca dalla zona euro (non è conveniente per loro, pensi solo a pagare i debiti – pacta sunt servanda – in dracme. Né lo é per l’Europa e la Nato; pensare che in cambio di un aiuto russo Putin possa avere una maggior presenza della sua flotta e dei suoi missili nel Mediterraneo non è una prospettiva ipotizzabile nel dopo Crimea e i fatti dell’Ucraina). L’ultimo sprone di Obama a chiudere la partita greca era funzionale proprio a questo. L’aspetto molto interessante che sarebbe bello approfondire, e che a livello europeo si sta giocando una grande partita strategica secondo gli assiomi di von Neumann e Morgenstein. La teoria dei giochi (che, sbagliando, molti hanno accantonato dopo il 1989) è il supporto matematico del prof. Varoufakis (che sul tema ha scritto almeno due libri). In particolar modo sta applicando la variante del dilemma del prigioniero conosciuto come gioco del coniglio o del pollo, con l’unica variante che i “giocatori” non sono in sistemi isolati, ma che invece possono comunicare tra di loro. In pratica chi si tira fuori dal gioco per primo ci perde la faccia (la Troika da una parte, il governo greco dall’altra), se nessuno indietreggia si arriva alla rottura e ci perdono tutti e due. I payoff sono noti. La Grecia, sfruttando l’incertezza e cercando di giocare su due tavoli, nel frattempo ha comunque bloccato la vendita del Pireo ai cinesi e ottenuto un buon contratto con la Turchia e la Russia per la fornitura e passaggio di gas. Anche in ambiente economico-finanziario si è certi che l’accordo ci sia già. Lunedì prossimo, secondo queste autorevoli stime, verrà reso noto che il debito pubblico greco verrà ristrutturato e spalmato per tempi lunghissimi imbrigliando l’economia greca alla grande finanza occidentale e si “cederà” su qualche punto spot della politica di Tsipras. Da una parte si recupereranno parte dei soldi e si arginerà la politica regionale russa e neo-ottomana turca e dall’altra si salverà la faccia e si avrà il suggello popolare. Tra qualche giorno vedremo se queste ipotesi si concretizzeranno in questi termini.

    • Piero Laporta scrive:

      Sotto il profilo politico, occorre ribadire – come ho dovuto con molti amici – che il debito tedesco per quattro volte NON è stato estinto: NON è stato pagato. La Germania ha creato così un quadruplice precedente politico che ora, per la Grecia, gabella per evento finanziario. Non chiedermi la soluzione ma i fatti stanno così. La riunificazione inoltre è stata scaricata sull’Europa e sull’Italia più degli altri.
      Putin si è inserito da par suo nel gioco: cacciate la Grecia? Eccomi qua, la salvo io e le mie navi attraccano nel Mediterraneo a dividere la Turchia dalla Nato.
      Varoufakis… è un genio e se ne stanno accorgendo troppo tardi.
      Sono in poltrona, curioso di vedere il finale di partita. Indovina su chi ho scommesso?

      • Mauro scrive:

        Guardiamo le cose in modo realistico, Piero: la Germania è potenzialmente una iperpotenza industriale e tecnologica (persino nella mia famiglia c’è un ragazzo che, a spese del contribuente tedesco, ha appena preso il dottorato in bioingegneria a Heidelberg dopo la laurea in ingegneria a Pavia: pensi che tornerà in Italia o che sceglierà di aumentare ulteriormente l’iperpotenza germanica? Alla sua fidanzata, un brillantissimo medico neolaureato, pur di trattenere ambedue un Land tedesco ha già offerto la specializzazione pagata e l’assunzione a breve, appena saprà un minimo di tedesco).

        La Grecia invece è solo un covo di dipendenti pubblici, baby-pensionati tanto pagano i pronipoti (il debito pubblico) e tante splendide isole e isolette di solito mal sfruttate se non già devastate dall’abusivismo edilizio come tante nostre coste del sud. E niente altro. Niente altro. E una storia, che dal V secolo a.C. fino al 1071 della devastante sconfitta di Mazinkert e della perdita definitiva di Bari e del sud d’Italia, è stata una politica di potenza che non ha mai guardato in faccia nessuno per i propri interessi. Dimenticavo, per me velista, la Grecia è anche un vento meraviglioso e pericolosissimo che discende furioso dai Dardanelli e gonfia in modo divino l’Egeo, il Melteni.
        Altro la Grecia non ha: era ovvio che la Germania, pur umiliata dopo Versailles (i primi casi), dovesse essere salvata. Tu che sei un ex-militare dovresti conoscere l’eterna questione della potenza: faccio diventare mia nemica (a parole, solo a parole) la Grecia? Me ne farò una ragione, è solo il 2% del GNP dell’UE; e poi tanto chi potrà darle ogni tanto qualche soldo per tirare avanti? La Russia? Ma dai: forse tu non conosci troppo la Russia attuale come la conosco io: annegano in una spaventosa crisi economica e povertà; non hanno i soldi per pagare le importazioni: non hanno un centesimo, soprattutto per la Grecia. Metteranno al Pireo un cacciatorpediniere arrugginito, e allora? La Russia è l’unico paese di una qualche importanza/utilità al mondo, insieme all’Ucraina, dove la speranza di vita e la popolazione residente sta DIMINUENDO (per via dell’alcolismo dilagante).
        Faccio diventare mia nemica una iperpotenza attuale o potenziale come la Germania (riunificata)? Ci penso su quattordici volte. Quando non ci hanno pensato, come a Versailles dopo la WWI, guarda le conseguenze. Il resto sono chiacchiere moralistiche.

        PS. In quanto alla questione dell’impero senz’anima (soprattutto, senza debito pubblico), provate a chiedere a 10 ragazzi a caso tra le vostre conoscenze che abbiano fatto l’Erasmus o che abbiano comunque studiato all’estero (ormai un fiume di ragazzi e ragazze, almeno a Milano e nella Lombardia altamente urbanizzata) cosa voterebbero domani se ci fosse un referundum per unificare militarmente e politicamente l’Europa (ripeto, domani) e avrete delle sorprese. Altro che mancanza di anima. E sono quei 10 ragazzi e ragazze cosmopoliti, laicissimi e mangiapreti di ogni colore ma anche di CL, certamente un’élite, che, come è sempre avvenuto per le élite nella storia (pensate solo al nostro Risorgimento), scriveranno la storia nei prossimi tre o quattro decenni al massimo, non i protezionisti alla Salvini & C.

        • Sigmund scrive:

          Mauro parla della sua esperienza familiare che ha avuto la possibilità di trovare uno sbocco in Germania e non si può che essere contenti per tutti coloro che trovano la loro strada nella vita…. che si fa allora mandiamo tutti in Germania? Le questioni di natura economica hanno sicuramente un peso specifico rilevante, ma anche quelle politiche e ideali hanno la loro valenza che non si può ignorare.
          Difficile separare le due cose perché la realtà è che “non di solo pane vive l’uomo”, ha bisogno anche di una ragione, di un senso nello stare insieme dentro un contenitore e l’economia non basta, l’Europa lo sta dimostrando chiaramente a tutti noi, adesso, quello che accadrà domani non lo sappiamo.
          Probabilmente le cose in Germania andranno bene, a patto che non esageri, per l’Italia e tutti coloro che non possono trasferirsi in Germania il destino di deindustrializzazione e decrescita è già segnato con tutto quello che ciò significa.

          • Mauro scrive:

            Gentile Sigmund,

            leggo solo ora le sue considerazioni su deindustrailizzazione et similia. Ma chi le ha detto che l’Italia si sta deindustrializzando e che questo è il suo destino? Sta perdendo tante ridicole imprese gestite dal padroncino fondatore in modo poco manageriale ed evadendo le tasse, con investimenti R&D (ricerca e sviluppo, chiedo scusa) pari a zero e produzioni (si fa per dire) di bassissimo livello tecnologico. Ma lei crede veramente che noi potremo continuare a essere una potenza importante come oggi producendo collant (distretto di Mantova) e mobili di livello così così (Brianza)? Abbiamo i nostri centri di eccellenza: le auto di eccellenza, la cantieristica di eccellenza, l’industria aerospaziale, un’industria della salute (sanità pubblica + industria farmaceutica) tra le migliori del mondo a costi molto ridotti (siamo il secondo paese al mondo come longevità dopo il Giappone) e tanto altro. Compresa un’industria agroalimentare di assoluta eccellenza e in continuo, rapido miglioramento. E questi settori di eccellenza non stanno per nulla deindustrializzandosi, anzi.
            Qualche giorno fa sono andato per ragioni di lavoro (sono un medico alto dirigente in una start-up farmaceutica) in un ospedale pubblico (pubblico) ai confini di Milano centro d’eccellenza mondiale in un settore della medicina e ho incontrato due coppie che parlavano inglese: inglesi che venivano a curarsi a Milano e non in UK o in Germania.
            Stiamo perdendo i collant di qualità bassa e media (non i collant di ipereccellenza): vorrà dire che i cosiddetti imprenditori dei collant di bassa e media qualità, incapaci di procedere upscale, falliranno. Amen, colpa loro. Ma quegli imprenditori che stanno inventando collant di qualità eccelsa surclassando cinesi, vietnamiti e anche francesi non stanno deindustrializzandosi per nulla, anzi. Vogliamo puntare verso la qualità eccelsa? No? E allora moriremo. Non morirà chi rischierà e punterà all’eccellenza – gestendo le cose in modo manageriale e non da padroncino che ha messo su il capannone, va avanti a furia di evasione fiscale e vota Salvini dopo aver votato B. Quell’imprenditore prima affonda meglio è per liberare risorse; e se i suoi dipendenti non aguzzano le idee per studiare, riciclarsi e sfuggire al disastro prima che sia troppo tardi è giusto che affondino anche loro. In quanto agli ideali, sono d’accordo con lei: piantiamola di mandare i nostri figli a studiare scienza delle comunicazioni o giurisprudenza non iperspecialistica (tipo contrattualistica internazionale, voglio dire, il resto produce solo disoccupazione) e mandiamoli a studiare modellistica matematica, ingegneria e biotecnologie. Vedrà che in una società risanata si riempiranno daccapo anche le chiese.

    • Sigmund scrive:

      Tutto molto bene espresso e articolato quanto scritto da Giacomo Mangano, ma salta la premessa che la questione greca sia solo politica, dalle sue parole appare chiaro come anche l’aspetto economico-finanziario giochi un ruolo essenziale, non foss’altro che per il suo impiego come pistola puntata alla tempia del governo greco che può anche permettersi di giocare ma non può permettersi di sbagliare una mossa.
      Credo anch’io che, alla fine, alla Grecia verrà data la ciambella di salvataggio, anche perché altrimenti sarebbe l’inizio della fine di un impero malnato chiamato Europa.
      La lezione greca ha insegnato che la troica è debole, anche con le sue leve finanziarie, e da ora ogni stato che si troverà in difficoltà sa che può permettersi di trattare perché la sua uscita dalla compagine europea ne segnerebbe la fine.
      Non si può costruire un impero senza un’anima perché è destinato al fallimento. La promessa del bando della guerra, che era la sua unica ragion d’essere, si è dimostrata non veritiera tant’è che la guerra in Europa c’è anche se, per il momento, solo di natura economica, ma c’è qualcuno vorrebbe trasformarla in guerra tout cour. Come mai non si parla più di quell’aereo civile abbattuto sul suolo ucraino, che la propaganda aveva addebitato ai “ribelli filorussi”?

  2. Federico Dezzani scrive:

    L’euro grazie a Dio è vicino alla fine. Dobbiamo ringraziare l’intransigenza tedesca e l’orgoglio francese che rifiuta gli anti-democratici ed élitari Stati Uniti d’Europa.

    • Mauro scrive:

      L’Economist ne ha profetizzato la fine per anni; ma pochi mesi fa, in un ormai famoso editoriale, ha sentenziato “insomma, è dure ammetterlo, ma ci siamo sbagliati e l’euro è qui per restare. Avrà traversie, ma è qui per restare”. E resterà, insieme all’impero prima o poi unificato (più prima che poi, mi creda): soprattutto quando avremo eliminato quella oscenità che si chiama debito pubblico o, se preferisce, “tanto pagheranno i pronipoti”.

      • Piero Laporta scrive:

        Non c’era bisogno dell’Economist. Nel 2009, sei anni fa, ho vinto una scommessa con un grosso broker internazionale che dava per finito l’euro entro un anno. Analoghe previsioni mi arrivavano da un amico in contatto con un top manager di Goldman&Sachs. Un’altra scommessa vinta.
        Ora non scommetterei una cicca sul dollaro; ne aspetto il tonfo, analogo a quello sovietico, se non riescono a far scoppiare la guerra prima. Peccato per il premio Nobel per la pace oltraggiata che né Putin né Xi Jinping siano scemi.
        La politica, cioè l’alta strategia, piega i problemi finanziari e non se ne fa condizionare più di tanto.
        Così è per la Grecia. L’ho dovuto ripetere a molti amici.
        Puoi pensare tutto il male possibile dei greci e dei loro governi dai tempi di Alcibiade a oggi ma hanno una sponda politica formidabile: il debito tedesco per quattro volte NON è stato estinto: NON è stato pagato. La Germania ha creato così un quadruplice precedente politico che ora, per la Grecia, gabella per evento finanziario. Non chiedermi la soluzione, non mi compete per fortuna. Osservo i fatti e i fatti stanno così. La riunificazione inoltre è stata scaricata sull’Europa e sull’Italia più degli altri.
        Putin si è inserito da par suo nel gioco: cacciate la Grecia? Eccomi qua, la salvo io e le mie navi attraccano nel Mediterraneo a dividere la Turchia dalla Nato.
        Varoufakis… è un genio e se ne stanno accorgendo troppo tardi.
        Sono in poltrona, curioso di vedere il finale di partita. Indovina su chi ho scommesso questa volta?

        • Mauro scrive:

          Non penso male dei greci, fondatori della nostra civiltà, ci mancherebbe: solo non capisco perché io, che ho appena compiuto 60 anni, dovrò lavorare ancora per molti anni (diciamo fino a 67-70) innovando continuamente la mia attività per resistere alla concorrenza mondiale e proteggere i miei collaboratori (trascinandoli urlanti anche loro, volenti o nolenti, a innovare continuamente), mantenendomi alle frontiere delle conoscenze farmacologiche attraverso lo studio selvaggio per molte ore al giorno – studio come se fossi ancora all’università anche per insegnare l’imperativo dell’innovazione continua agli studenti attuali; ed è giusto che sia così in una società sana ! – mentre i greci pretendono d’andare in pensione a 55 anni con la pensione pagata dagli altri europei? È tutto lì il punto.
          I tedeschi avranno molti difetti, ma condonare più volte il loro debito pubblico ha aiutato a fondare una nazione NON corrotta (al massimo al modesto livello fisiologico), formidabile barriera militare dell’Europa per decenni, formidabile lavoratrice, unita dietro i suoi politici eletti e con istituzioni che funzionano come cronometri. Siamo sicuri che la Grecia farebbe lo stesso, considerato il suo terrificante livello di corruzione, che è persino peggiore del nostro, e il livello miserrimo della sua classe politica di giocatori al gioco delle tre tavolette? Intanto comincino come noi a lavorare fino oltre i 65 anni e a pagare le tasse un po’ più di oggi…

          • Piero Laporta scrive:

            Scusa, l’ho visto solo ora.
            Piccole matematiche. La Grecia ci deve 37 miliardi di cui 27 versati da noi al ” fondo salva stati” che sono serviti ad aiutare la Germania che altrimenti i crediti li avrebbe perduti tutti lei. Ecco perché nel 2011 voleva salvare la Grecia e adesso dice di fregarsene ma non può perché Putin è in agguato.
            L’altra faccia della medaglia. Syriza? E se perdesse il referendum? Prova a immaginare la forza coercitiva che assumerebbe la Commissione UE. Il Politburo dell’URSS a confronto sarebbe come il CdA d’una bocciofila.

  3. Mauro R scrive:

    Non sono un particolare fan di quel tal Dezzani perché le sue idee sulle banche popolari mi sembrano demenziali (che c’entrano consigli di amministrazione di mandarini strapagati con i popoli come sembra pensare quel signore?) Ma sulla Germania mi trova assolutamente d’accordo: il debito pubblico è una cosa immorale se non per pagare guerre o investimenti pubblici futuri produttori di reddito. L’imposizione del pareggio di bilancio in costituzione è una benedizione del cielo per una nazione corrotta in modo terrificante come la nostra. La Germania ci libererà dal vergognoso capitalismo di rapina anglosassone, che io conosco bene perché ci vivo dentro; ma non sono d’accordo sull’euro: per la prima volta dopo Carlo Magno abbiamo una sola moneta in Europa occidentale: ora dobbiamo completare l’opera con l’unificazione politico-militare carolingia dell’Europa. La capitale reale sarà Berlino? va benissimo per me: la Germania di Bismarck aveva il sistema assistenziale più avanzato del mondo alla fine del XIX secolo; e ancora oggi il welfare tedesco è formidabile, così come la scuola, il sistema sanitario e universitario e post-universitario e la formazione continua dei lavoratori. La differenza con il nostro è che il loro non è corrotto in modo terrificante.

    • Nic scrive:

      “ora dobbiamo completare l’opera con l’unificazione politico-militare carolingia dell’Europa.”

      Nella base di Vicenza oggi c’è festa …perfino Lady Obama s’è data da fare per un bel barbecue :-)))

    • Piero Laporta scrive:

      Gillian Tett è stata particolarmente precisa: la Germania ha avuto per ben quattro volte la ristrutturazione del debito. Aggiungo che due di tali occasioni furono propiziate da due guerre aggressive e perdute. Ho inoltre ricordato che la riunificazione tedesca l’abbiamo pagata noi. Ora vorrei che qualcuno mi spieghi perché la Grecia non deve avere un trattamento analogo. Questo è il punto; non l’euro, non le BP o il futuro della UE.

    • Piero Laporta scrive:

      “Poi, marcandolo la voce, sottolineò che la Germania è una delle beneficiate senza limiti dell’estinzione del debito di tutto il secolo scorso: in diverse occasioni (1924, 1929, 1932 e 1953), gli alleati occidentali avevano ristrutturato il debito tedesco.”

    • Sigmund scrive:

      Gentile Mauro R,
      se vogliamo capire come andrebbero le cose in un’Europa unificata politicamente basta guardare a come sono andate le cose nel meridione d’Italia dopo la riunificazione della penisola voluta dal regno piemontese: la politica del nord ha colonizzato culturalmente le popolazioni (o almeno ci ha provato), ha snaturato la vocazione agraria del meridione e ha cercato di imporre la sua visione strategica.
      Risultato: il meridione che, in autonomia, aveva costruito la prima ferrovia in Europa è rimasto depredato di uomini e di mezzi ed è ancora lì a leccarsi le ferite.
      Nel nuovo assetto europeo all’Italia viene consentito di agire dentro l’ambito del turismo, si deve deindustrializzare, si deve impoverire perché la popolazione è ancora troppo ricca e forse sarà consentito agli italiani di domani di fare i camerieri negli alberghi proprietà di qualcun altro.
      Purtroppo mani pulite ha distrutto la classe politica che era in grado di difendere gli interessi nazionali, adesso possiamo solo obbedire a ordini impartiti da fuori. Siamo alle solite: “ahi serva Italia di dolore ostello nave senza nocchiero in gran tempesta…. etc”.
      Ma veramente c’è qualcuno che crede che la globalizzazione sia al servizio dell’uomo? La globalizzazione serve solo a chi ha i soldi e che si vede facilitato il compito di imporre quello che vuole con il minor esborso economico possibile, la globalizzazione è la ricchezza di pochi e la miseria dei più.

  4. Sigmund scrive:

    L’impressione è che si voglia evitare l’uscita della Grecia dalla zona Euro per impedire che si getti tra le braccia della Russia che è accorsa in suo aiuto.
    Sbaglierò, ma anche questo intervento giornalistico sembrerebbe andare nella direzione di provare a tenere insieme questa UE senza capo nè coda che ingloba tutti quei popoli che vi sono entrati pieni di speranza e si sono ritrovati dentro una gabbia di matti.
    Il Financial Times, se non sbaglio, è l’organo della finanza internazionalista che vuole dettare le strategie politiche e sembra molto interessato nel capire come si posizionerà la Grecia che consentirebbe alla Russia un affaccio diretto nel mediterraneo, quel mare definito da qualcuno “nostrum” ma che è sempre stato così caro alla finanza internazionale.

    • Piero Laporta scrive:

      Il FT rispecchia il punto di vista della City. La partigianeria giornalistica non arriva tuttavia al punto di negare l’evidenza, come invece accade al Corsera o a famiglia Cristiana.
      Ricordarsi della verità aiuta anche a fare politiche realistiche (dal loro punto di vista) come tenere lontano Putin dal Mediterraneo.

  5. Federico Dezzani scrive:

    Immondizia e spazzatura! W la GERMANIA! Tenga duro e ci liberi dall’euro e dagli americani!

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