Il CDC (Centers for Disease Control – Centri Controllo Malattie), Agenzia federale statunitense, certifica un tasso di infezione Covid 19 pari a 1,38 su 1.000 persone al giorno, fra tra i non vaccinati, con una normale vita di lavoro. Applicato lo stesso tasso all’Italia, nell’anno di pandemia 2020-2021, senza copertura vaccinale, avremmo dovuto avere, sommando sintomatici e asintomatici, tra i 20 e i 30 milioni di contagiati.
Saremmo quindi alle soglie della copertura di gregge, ammesso che aver avuto il virus renda immuni. Inspiegabile che si ignori del tutto la percentuale di quanti, ricoverati in un reparto ordinario, passino successivamente in terapia intensiva. È ancora più inspiegabile che si taccia delle percentuali dei deceduti in intensiva. Tali dati sono invece proprio gli unici indispensabili a misurare l’efficacia delle terapie.
Stupisce, per usare un verbo cortese, tra tanti cianciatori a gettone (pagato) e sedicenti esperti, che nessuno ritenga doveroso e necessario rispondere a quattro fondamentali domande. 1) Ammalarsi di Covid 19 rende immuni? 2) Per sempre? 3) Per un tempo limitato? 4) Se per un tempo limitato, quanto durevole?
Non sarebbe difficile fare una ricerca per rispondere a queste domande. Si indulge invece nel diffondere tante cifre prive di significato, giustificando con queste la necrosi delle fonti di sopravvivenza di milioni di cittadini,
Il dato statunitense – 1,38 ogni mille abitanti infettati ogni giorno – è vero anche in Italia nell’anno 2020-2021? La risposta scientifica a tale quesito permetterebbe di valutare l’utilità della vaccinazione di massa e la congruità dei suoi enormi costi.
Uno screening universale di tutta la popolazione non è possibile, ma esistono dei panel sperimentati con alta rappresentatività – per esempio il Nielsen per la misura dei consumi o degli ascolti TV Auditel – che potrebbero utilizzarsi come prima base di indagine, da raffinarsi successivamente.
Una tale indagine sarebbe utile per pianificare le vaccinazioni e darebbe un senso alla domanda altrimenti idiota “pensa di aver avuto il Covid?”, posta a quanti si vaccinano oppure sono indagati entrando in ospedale.
Fa inorridire qualsiasi serio ed esperto ricercatore di mercato lo sbandieramento delle percentuali di positivi sui tamponati. È un dato privo di alcun significato scientifico poiché riferito a quanti presumono di essere a rischio di contagio ovvero sono costretti a misurare tale rischio per svariate e mutevoli ragioni. È un modello in costante mutamento nel tempo e nello spazio; non è dunque in grado di dare una immagine reale dell’espansione o della contrazione della pandemia.
I dati sui ricoveri ospedalieri, quantunque influenzati dalla tendenza a curarsi a casa, danno un’idea dell’andamento epidemico; i ricoveri in terapia intensiva danno una misura della gravità del contagio. È tuttavia inspiegabile che si ignori del tutto la percentuale di quanti, ricoverati in un reparto ordinario, passino successivamente in terapia intensiva. È ancora più inspiegabile che si taccia delle percentuali dei deceduti in intensiva. Tali dati sono invece proprio gli unici indispensabili a misurare l’efficacia delle terapie. Curioso, vero?
I televirologi conoscono questi dati e li nascondono nonostante le loro lunghe, frequenti e remunerate comparsate in tivvù. Perché tale condotta da parte di costoro, delle autorità politiche e sanitarie, il cui potere si riversa sulle vite dei cittadini e sull’economia?
Il morbo di Wuhan è nato, si è sviluppato e diffuso mentre le informazioni ufficiali tardavano, si intrecciavano contraddittoriamente – #andràtuttobene, non lo abbiamo dimenticato – mentre confusione, verità e falsità si sono fatte indistinguibili.
La fiducia dei cittadini nelle istituzioni repubblicane è stata gravemente vulnerata. Non si può proseguire in questa condotta.
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