Anche Questa Crisi Non si Decide in Parlamento

Quanti paventano o auspicano il governo giallo rosso, a succedere a quello giallo verde, lambiccano alchimie politiche squisitamente nazionali. Questa crisi non si decide in Parlamento, come d’altronde le precedenti e nonostante le apparenze. Guardiamo dunque al di là del naso.

L’Italia è da sempre al centro d’una faglia geopolitica più minacciosa di quella di San Andreas, a insidiare San Francisco e dintorni.
Dopo la morte di Aldo Moro s’acuì il carattere “proconsolare” delle massime istituzioni repubblicane, Quirinale e palazzo Chigi.

[cryout-pullquote align=”right” textalign=”justify” width=”33%”]Pubblicato con altro titolo su La Verità del 20 Agosto 2109[/cryout-pullquote]

Fin dal nostro ingresso nella NATO, nel 1949, presidenza della Repubblica e governi si legittimarono con la benedizione del Dipartimento di Stato statunitense e quella della Curia vaticana, osservatore fiduciario permanente degli USA, fino al 1989. Oggi Bergoglio conta meno di Jean-Claude Juncker dopo il quarto drink. Il ruolo dell’Unione sovietica crebbe a partire dagli anni ’80, in seguito alla scomparsa di Moro. Una beffa per quanti oltre Atlantico concessero in fretta e furia il visto d’ingresso a Giorgio Napolitano, reputando il Pci più affidabile di Aldo Moro.
Caduto il Muro di Berlino, il ruolo di Mosca fu scalzato dall’asse franco prussiano, col favore dei Bush, padre e figlio, seguito dai Clinton, marito e moglie, e da Hussein Barak Obama. Un club di avidi sciocchi e sanguinari, manutengoli della Repubblica Popolare Cinese, cui stavano consegnando il mondo e l’Europa, com’è oramai visibile nei mutati equilibri in Africa e nel Mediterraneo.
L’avvento di Donald Trump ha scombinato i disegni del IV Reich (Francia e Germania) e del club filocinese statunitense, senza tuttavia cancellarli del tutto.
L’Italia è ancora al centro d’una faglia di instabilità, differente e ben più pericolosa di quella bipolare che mise a confronto Est e Ovest durante la Guerra Fredda. A partire dal Trattato di Maastricht, il dissanguamento della nostra sovranità è trascolorato in vantaggi per vecchi e nuovi attori, Cina in primo luogo.
Dall’elezione di Trump lo schieramento vede Stati Uniti e Gran Bretagna da un lato, contrapposte a Cina, Germania e Francia. L’Italia è nel mezzo del confronto.
Perché l’Italia è importante?
Nel 1992 cominciò il tentativo – da parte di Bill Clinton – di coniugare la presenza statunitense in Sicilia (portaerei nel Mediterraneo) e nell’area veneto giuliana (porta di ingresso nei Balcani) con l’influenza crescente dell’asse franco prussiano. In Sicilia rinacque l’autonomismo – come confermò nel 1994 in un’intervista all’Europeo il primo procuratore generale antimafia, Bruno Siclari. A Washington si resero finalmente conto che l’autonomia siciliana, rinfocolatasi fra Capaci e via D’Amelio, non era affatto scontata a stelle e strisce, come nel 1946. D’altronde anche il lombardo veneto sbandava verso la Germania. I cervelloni del Dipartimento di Stato cercarono di correre ai ripari, tirando ora la briglia di sinistra ora quella di destra dei governi italiani, senza tuttavia ottenere altro che un trasferimento di almeno dieci punti di PIL dall’Italia all’asse franco prussiano. Quando infine capirono il vero peso della Cina in Africa, dietro Francia e Germania, tentarono la “primavera mussulmana”, una sorta di contro fuoco, come si fa quando s’incendia una porzione di bosco per fermare l’incendio che avanza da tergo, in questo caso dal centro Africa, dove la Cina dilaga con esercito e mercenari franco prussiani a darle copertura.
La “primavera mussulmana” è andata come si sa, consentendo poi a Vladimir Putin di rientrare nel grande gioco del Mediterraneo. In due parole, una catastrofe innanzi tutto per gli USA.
Trump ha cercato di limitare i danni, spalleggiato dalla Gran Bretagna, aprendo un confronto con Pechino. La Brexit in tale quadro materializza il rifiuto di Londra di genuflettersi al IV Reich, costi quello che costi.
Il principale strumento degli USA in Europa, la NATO, oggi è insignificante e nel prossimo futuro lo sarà ancor meno. Le ambiguità franco prussiane e la condotta inequivocabile della Turchia lo certificano. In quanto a Parigi e Berlino, solo gli sciocchi non s’avvedono che il loro gioco egemonico in Europa è tanto protervo verso Roma quanto servile verso Pechino.
L’Italia è in mezzo a questa sarabanda. La sua posizione è oggi di gran lunga più importante rispetto alla Guerra Fredda, grazie al canale di Suez che nel frattempo ha raddoppiato la sua capacità di transito. Un’eventuale rinascita pertanto delle capacità italiane di traffico portuale e ferroviario (quest’ultimo scongiurato tenacemente fino alla gestione di Mauro Moretti) restituirebbe alla marginalità i porti dell’Europa settentrionale a oltre 3mila miglia da Suez: Amburgo, Rotterdam e Anversa, guarda caso dove le ‘ndrine hanno i santuari, le ‘ndrine che tengono sotto scacco Gioia Tauro e la Calabria, mentre vanno spandendosi nel cuore economico italiano, Milano. Finché l’asse franco prussiano ci vincolerà a una crescita dell’1% o ancor meno – come capita ai paesi dell’area del Franco africano – il IV Reich ci potrà dominare.
Appare quindi alquanto improbabile che la crisi di governo, aperta da Matteo Salvini, possa risolversi per mano di statisti del peso di Luigi Di Maio, Matteo Renzi e di Nicola Montalbano Zingaretti.
Più d’un elemento lascia pensare che vi sia un canale privilegiato fra Salvini e Washington, probabilmente ignoto anche ai suoi collaboratori più stretti, come accade sovente in questi frangenti. Salvini è stato avventato ad aprire la crisi? Chi lo afferma forse dimentica quanto pesino a Washington la spinta di Davide Casaleggio e Beppe Grillo sulla “via della Seta”, verso la Cina, senza dimenticare il collaborazionismo di Di Maio per l’elezione di Ursula Von der Leyen alla presidenza della Commissione Ue.
Salvini è con Washington? Certo, anche se non lo è la Lega nel suo intero. M5S e PD sono figli della stessa madre, ignota ma non del tutto, la Cina, ma di padri differenti. La Francia è sul PD come la Germania sul M5S
La soluzione della crisi italiana si giocherà quindi tra Washington e Pechino, dove sono i perni di manovra dei veri rapporti di forza. I marxisti e gli ex marxisti non dovrebbero dimenticare l’oggettività e l’importanza dei rapporti di forza.
Questo è l’ambito in cui si dipana l’ennesima crisi italiana.
Come finirà?
L’Italia è nelle mani di Dio; speriamo che non applauda. www.pierolaporta.it

 

Informazioni su Piero Laporta

Dal 1994, osservate le ambiguità del giornalismo italiano (nel frattempo degenerate) Piero Laporta s’è immerso nella pubblicistica senza confinarsi nei temi militari, come d'altronde sarebbe stato naturale considerando il lavoro svolto a quel tempo, (Ufficio Politica Militare dello Stato Maggiore della Difesa). Ha collaborato con numerosi giornali e riviste, italiani e non (Libero, Il Tempo, Il Giornale, Limes, World Security Network, ItaliaOggi, Corriere delle Comunicazioni, Arbiter, Il Mondo e La Verità). Ha scritto “in Salita, vita di un imprenditore meridionale” ed è coautore di “Mass Media e Fango” con Vincenzo Mastronardi, ed. Leonardo 2015. (leggi qui: goo.gl/CBNYKg). Il libro "Raffiche di Bugie a Via Fani, Stato e BR Sparano su Moro" ed. Amazon 2023 https://shorturl.at/ciK07 è l'inchiesta più approfondita e documentata sinora pubblicata sui fatti del 16 Marzo 1978. Oggi, definitivamente disgustato della codardia e della faziosità disinformante di tv e carta stampata, ha deciso di collaborare solo con Stilum Curiae, il blog di Marco Tosatti. D'altronde il suo più spiccato interesse era e resta la comunicazione sul web, cioè il presente e il futuro della libertà di espressione. Ha fondato il sito https://pierolaporta.it per il blog OltreLaNotizia. Lingue conosciute: dialetto di Latiano (BR) quasi dimenticato,, scarsa conoscenza del dialetto di Putignano (BA), buona conoscenza del palermitano, ottima conoscenza del vernacolo di San Giovanni Rotondo, inglese e un po' di italiano. È cattolico; non apprezza Bergoglio e neppure quanti lo odiano, sposatissimo, ha due figli.
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4 risposte a Anche Questa Crisi Non si Decide in Parlamento

  1. luciano prando scrive:

    troppo facile commentare la crisi e la sua soluzione il 7 settembre, ma purtroppo le mie previsioni si stanno avverando. salvini è stato dimenticato da tutti, dai nemici che sperano nei magistrati, dai presunti amici che lo vedono tagliato fuori dai giochi per lungo tempo….salvini ha dimostrato di essere uno straordinario animale politico, un grande comunicatore, un abile tattico, ma gli manca la conoscenza reale degli equilibri e dei rapporti internazionali, avrebbe bisogno di un bravo ministro degli esteri personale….manca anche un programma economico che non sia solo propaganda elettorale….promettere di o abbassare le tasse alza il consenso elettorale ma non risolve la stagnazione, mettere soldi in tasca ai cittadini come per gli 80 euro renziani chi li incassa è contento, ma senza la rassicurazione di un futuro positivo, anzi con le premesse del contrario, i soldi in più o li userà per ridurre i debiti o aumentare il risparmio (ciò vale sia per il privato che per l’impresa)……non si chiede un savona come ministro dell’economia e poi lo si esilia alla consob per non fare ombra ai propri consigliori economici (quelli del no euro e dei mini-bot senza spiegare il come)…non ci si accompagna ad un demi-monde milanese (dello stesso genere di quello che ha rovinato craxi anche con la fattiva collaborazione dell’ingenuo e vacuo pellitteri) senza sollevare preoccupazioni…..si deve sapere che gli elettori della le pen non amano gli italiani (un understatement), che a orban conviene stare nei popolari e all’economia ungherese andare a traino dei tedeschi (come faceva quando era comunista), non si fa’ gli anti-cinesi senza concordare il come e le contro-partite con il governo americano…..salvini ha un’enorme tesoro di voti ma deve mettersi attorno una squadra di gente affidabile, in primis recuperando savona come ministro ombra dell’economia, mandando in usa qualcuno che parli inglese e sappia spiegare qual’è la stregia dei conti bis: vendere tutto quanto strategico ai francesi, tutto il manifatturiero, l’alimentare e le comunicazioni materiali ed immateriali ai cinesi e poi ritirarsi da ricchi per almeno un paio di generazioni…..spiegarlo non solo al trump ma anche ai democratici….ce ne sarebbero molte da dire…..mettere su una squadra speciale per prendersi l’emilia-romagna e, per favore, non presentarsi in tv con una maglietta da calciatore e la bava alla bocca…..scritto di getto senza rileggere perdonate gli eventuali svarioni luciano prando

  2. Agostino fasulo scrive:

    grazie per la precisa descrizione dell’odierno puzzle politico che condivido.
    Mi permetto di inserire quanto a fatima venne chiesto dalla Madonna: la consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria…..senza la quale …..la Russia diffonderà i suoi errori…seconda guerra mondiale….molte nazioni scompriranno..ecc.. Mi pare che nella tua descrizione i continuatori dell’errore della Russia siano o rischiano di essere ancora egemoni. Io mi auguro che le tue considerazioni su Salvini-Trump siano reali. Pur tuttavia mi stupisce che tanti ambienti cattolici e vaticani in particolare, si siano indignati quando in prossimità delle europee lo stesso Salvini si PERMISE con il Rosario in mano (senza nessuna autorizzazione!)di affidare l’Italia e l’Europa al Cuore Immacolato di Maria e ai suoi Santi protettori…..e di contro al meeting in questi giorni qualcuno (autorevole!?) si è permesso di dire che il demonio sarebbe solo un “simbolo” …..forse sarebbe il caso di cominciare a mendicare come diceva il ns caro don Giussani…perché al di là di qualsiasi analisi politica…il vero protagonista della storia è il mendicante cioè Cristo mendicante il cuore dell’uomo e il cuore dell’uomo mendicante di Cristo. Grazie

  3. Aldo scrive:

    Analisi degna di un “terrapiattista”. Come giustifichi i rapporti, con tangenti milionarie, di Salvini con i funzionari di Putin, accreditanfo lo stesso Salvini come referente di Trump. Ad ogni modo preferisco i Cinesi ai Trumpiani che, in quanto a colonialismo e sfruttamento dei “popoli amici”, non sono secondi a nessuno. Inghilterra e Stati Uniti sono figli della stessa madre ed ora stanno tentando di riprendersi Honk Kong che non è più la loro “gallina dalle uova d’oro”. Il “sovranismo” è perdente in quanto l’isolazionismo conseguente deve pagare pegno ai differenti rapporti di forza delle masse popolari dei diversi e contrapposti “Stati sovrani”. I due miliardi di Cinesi non temono rivali neanche se si sommano tutti gli altri Stati divisi. L’Europa, pur se unita da una storia comune figlia del Primo Impero Romano, paga ancora lo scotto della fratricida guerra tra le dinastie alternatesi nel dominio dell’Europa.

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