Per chi votare? Non per i kapò di Francia e Germania

Francia e Germania sono oppressori, attraverso i kapò italiani, i quali vogliono rimanere al potere. Ecco chi sono. Vorreste astenervi? Prima date uno sguardo.

Per chi votare? Per rispondere è necessario risolvere due quesiti fondamentali: 1) Chi è il nemico principale? 2) Qual è il suo obiettivo?

Alle origini della crisi italiana

Era il 1987. Quell’anno, il presidente francese François Mitterrand e Helmut Kohl, cancelliere tedesco, crearono il “Consiglio di Sicurezza e Difesa Franco-Tedesco”, dal quale dipendeva una Brigata franco-tedesca, nata effettivamente nel 1991 e tuttora operativa.

[cryout-pullquote align=”right” textalign=”justify” width=”40%”]Per queste elezioni si sono svegliati tutti i kapò, quanti hanno – dal 1991 ai giorni nostri – costretto l’Italia nel campo di concentramento costruito da Francia e Germania: nei Balcani, in Grecia e appunto in Italia, depredando le popolazioni delle loro ricchezze, esattamente come fecero i tedeschi con gli ebrei.[/cryout-pullquote]

All’Italia, attraverso la Difesa, fu offerto nel 1988 di essere parte della Brigata (ma non del Consiglio) [1] . Gli incarichi riservatici nel comando dell’unità erano tuttavia privi di peso operativo. La proposta cadde grazie all’opposizione da parte del presidente del Consiglio, Giulio Andreotti.
L’asservimento dell’Italia fu quindi rimandato ai seguiti dell’attentato a Salvo Lima, il 12 marzo 1992, mentre si scatenava la speculazione contro la lira, diretta da George Soros. Egli utilizzò due banche, la tedesca Deutsche Bank e la statunitense Goldman Sachs, una banca d’affari transnazionale, il cui “consigliere in Italia” era Romano Prodi, al quale sarebbe succeduto Mario Monti, quando Prodi scese di lì a poco in politica.
La speculazione contro la lira durò fino a settembre 1992. Carlo Azeglio Ciampi bruciò 60mila miliardi di lire. Giuliano Amato fece una manovra da 90mila miliardi “imposta dai francesi”, come ammise più tardi. Bruciammo così 150mila miliardi, causando il devastante depauperamento dello Stato e dei risparmiatori italiani, depauperamento devastante tuttora ingravescente[2].

Il ruolo della Germania e della Francia

Quanti ebbero modo di entrare in relazione con le strutture politico militari franco tedesche in quei mesi, avvertirono un pesante disegno aggressivo nei confronti dell’Italia, ben oltre quanto si vedeva a proposito della brigata franco tedesca.
Dopo si favoleggiò di intrighi della CIA e della massoneria ai danni dell’Italia e di Bettino Craxi. A ben vedere, avremmo fatto meglio a preoccuparci di due vecchie e pericolose conoscenze: i servizi segreti francese e tedesco, le cui ambiguità avevano spalleggiato il terrorismo italiano, dalle Brigate Rosse all’estrema destra, senza dimenticare l’attentato a Giovanni Paolo II.
Il vortice di quegli anni originava dal Muro di Berlino, caduto a novembre del 1989, innescando ulteriori eventi che avrebbero dovuto allarmare ben più di quanto effettivamente accadde.
L’elezione di George Bush padre alla Casa Bianca nel 1989, già vicepresidente di Ronald Regan negli otto anni precedenti, marcò un cambio di rotta della politica statunitense, con la dichiarata marginalizzazione dell’Europa a favore dell’Asia. Era una balla, la marginalizzazione dell’Europa. Era vera la marginalizzazione dell’Italia. Gli Usa facevano un passo indietro, lasciandoci nella morsa franco tedesca.
Non di meno furono formulate molte sapienti teorie, dagli innumerevoli esperti strategici. Non pochi attribuirono i cambiamenti ai deliri mistici dei Neocon. Era invece, ancora una volta, lo scontro-incontro fra la piattaforma produttiva e quella petrolifero-finanziaria. Alla seconda fanno capo le grandi banche, le famiglie dei petrolieri e il complesso militare industriale [3]. Qualunque conflitto o tensione sono graditi da costoro; le tensioni incrementano le quotazioni del cartello: sale il costo del greggio, sale il costo delle materie prime, si apprezza il dollaro.
Al contrario la piattaforma produttiva necessita di stabilità, di listini calmierati e del dollaro non troppo forte, non da ostacolare le esportazioni.
A partire dalla Caduta del Muro e fino all’elezione del premio Nobel per la Pace, Hussein Barak Obama, vasti settori della piattaforma produttiva s’accodarono alla piattaforma finanziaria, illudendosi di sottomettere il mondo e saccheggiare le materie prime degli sconfitti nella Guerra Fredda, la Russia prima di tutto.
Scioltasi l’Unione Sovietica la notte del 25 Dicembre del 1991, gli Stati Uniti delegarono alla Germania il controllo proconsolare dell’Europa, nonostante la forte opposizione da parte britannica, culminata ultimamente con la Brexit. Gli inglesi non si sono arresi alla UE sotto dominio tedesco. I numeri stanno dando loro ragione, nonostante le fosche previsioni dei cicisbei e delle fighette poliglotte.

[cryout-pullquote align=”right” textalign=”justify” width=”33%”]L’assalto dei carri armati del Kgb al Parlamento russo fu arrestato dai moscoviti, soprattutto dai veterani dell’Afghanistan. I vecchi soldati agivano in coppia, impugnando ciascuno un capo d’una coperta o d’un lenzuolo, saltando audacemente sui carri in corsa per coprirne le ottiche.[/cryout-pullquote]

Nel 1989 la Germania illuse gli USA sulla possibilità – smembrando la Russia – di spartirsene le spoglie, decurtando drasticamente le spese militari in Europa.
A quasi trent’anni dall’avvio di questo processo la spesa militare degli USA è decuplicata e oramai siamo palesemente a rischio d’un conflitto planetario.
Il sanguinoso attacco alla Iugoslavia fu il primo passo dell’attacco alla Russia, col triplice scopo di togliere a Mosca la testa di ponte europea nei Balcani, dare continuità al territorio della NATO dal Mare del Nord al Mediterraneo e, infine, saldare un conto bruciante nella memoria storica tedesca: le umilianti sconfitte inflitte dalla Resistenza iugoslava alla Wehrmacht fra giugno 1941 e ottobre 1944.
Distrutta la Iugoslavia, la Russia si svelò invece osso ben più duro del previsto.
Per disarticolare l’impero sovietico, i tedeschi puntarono su un finto colpo di stato a Mosca ad agosto 1991, per conferire il potere assoluto a Michail Gorbačëv. Insignito nel 1989 della Medaglia Otto Hahn per la Pace e nel 1990 del Nobel per la pace (come anni dopo a Obama), Gorbačëv era il proconsole perfetto, designato a svendere la Russia ai potentati occidentali. Il 28 giugno 1991 fu sciolto il Comecon; il 1° luglio il Patto di Varsavia.

La Russia salvata dai veterani dell’Afghanistan

Rimaneva tuttavia un ostacolo poderoso: il popolo russo. Pochi mesi prima, oltre il 70% dei cittadini sovietici, chiamati alle urne, avevano espresso il proprio favore a rinnovare l’Unione sovietica. Bisognava quindi superare una forte opposizione interna per disfarsi della Russia.
Gorbačëv, Segretario del PCUS, nonché Presidente dell’Unione Sovietica, era la marionetta perfetta per quella necessità.
Egli finse di ritirarsi nella dacia presidenziale in Crimea, il 19 agosto, mentre i suoi complici tentarono di sottomettere il Parlamento.
I golpisti erano tutti connessi a Gorbačëv: il capo del KGB Vladimir Krjučkov, il ministro degli Interni Boris Pugo, il ministro della Difesa Dmitrij Jazov, il vicepresidente dell’URSS Gennadij Janaev, il primo ministro Valentin Pavlov, il capo della segreteria di Gorbačëv, Valerij Boldin.
Intendevano esautorare il Parlamento per poi fare apparire Gorbačëv come salvatore della Patria. Con una nuova Duma sarebbe passato lo smembramento della Russia.
Le cose andarono diversamente. L’assalto dei carri armati del Kgb fu arrestato dai moscoviti e soprattutto dai veterani dell’Afghanistan. I vecchi soldati agivano in coppia, impugnando ciascuno un capo d’una coperta o d’un lenzuolo, saltando audacemente sui carri in corsa per coprirne le ottiche. I carristi all’interno erano costretti ad arrestare i carri e aprire le torrette per riprendere il controllo del mezzo. A quel punto i giovani soldati del Kgb dovettero incontrare i veterani dell’Armata Rossa. Sorridevano gentilmente quelli che avevano bloccato il loro carro, spiegando ai giovani soldati che cosa stava davvero succedendo: il golpe era un complotto di Gorbačëv e la Santa Madre Russia era in pericolo d’essere sottomessa alla Germania, proprio come stava accadendo nei Balcani.
I carristi capirono, si arresero ai veterani e si unirono alla folla. L’assalto della Brigata corazzata si risolse con un vero e proprio miracolo: i carri armati causarono solo tre morti, peraltro accidentali, quel 21 agosto.
È celebre la fotografia di Boris El’cin su un carro armato, col megafono, mentre condanna la “junta”.
Gorbachev finì quindi vittima della propria manovra, tanto meschina quanto oramai insostenibile.

Il PCI schierato con le banche e i petrolieri

L’asso nella manica di El’cin fu un giovane colonnello del Kgb, Vladimir Putin, ufficiale di collegamento a Berlino Est durante l’attentato a Giovanni Paolo II. La conoscenza dei dossier tedeschi e francesi più inconfesabili, nonché la sua abilità a inserirsi vantaggiosamente nelle manovre finanziarie speculative di quegli anni, grazie all’aiuto di Silvio Berlusconi, ne fecero rapidamente un intoccabile nel gotha politico internazionale.
Fra il 1989 e il 1992 saltarono tutte le vecchie politiche, tutte le vecchie aggregazioni. Il Partito Comunista Italiano, da tempo postosi al servizio del Dipartimento di Stato, ben prima dell’assassinio di Aldo Moro e fin dagli anni ’50, col “milazzismo” [4], palesò piena sintonia con gli apparati statunitensi e con la finanza internazionale [5] .
[cryout-pullquote align=”left” textalign=”justify” width=”33%”]Carrefour, Leclerq, Auchan, Leroy Merlin, Total Elf … sono oggi quello che i battaglioni del maresciallo Radesky furono per il Lombardo Veneto: strumento di oppressione e di prelievo di tributi.[/cryout-pullquote]

Silvio Berlusconi, anche grazie alla contiguità con Putin, sapeva dove si andava a parare. Le Coop premevano perché cedesse loro la catena Standa. Egli preferì vendere ai francesi, i quali, grazie a un accordo fra Mitterand e Craxi, avevano cominciato a penetrare coi loro supermercati nel territorio italiano dalla fine degli anni ’80, attraverso la Valle d’Aosta, con l’obiettivo di occupare l’italia.
Carrefour, Leclerq, Auchan, Leroy Merlin, Total Elf … sono oggi quello che i battaglioni del maresciallo Radesky furono per il Lombardo Veneto: strumento di oppressione e di prelievo di tributi.
La loro legittimazione oggi non viene dalla forza o dall’autorità imperiale di Cecco Beppe, ma dai Trattati della UE, imposti all’Italia, graditi ai politici di quasi tutti i partiti politici, difesi da una burocrazia di Stato, i cui vertici sono da tempo nelle mani dei servizi franco tedeschi.
Ogni giorno l’Italia acquista energia elettrica prodotta nelle centrali nucleari francesi poste sui confini italiani. Ogni giorno l’Italia acquista cibo e beni di consumo nelle catene francesi. Ogni giorno l’Italia acquista carburanti nelle stazioni di servizio francesi imposte sul territorio italiano. Ogni giorno l’Italia paga 3miliardi di euro alla Francia (elaborazione fonte Istat), una montagna di miliardi, pesante come cento manovre finanziarie. È un’oltraggiosa, pesante, tassazione occulta, pretesa dai dominatori francesi sui dominati italiani, sotto lo sguardo benevolo della Germania, che si “contentata” di smembrare a proprio vantaggio la rete italiana delle piccolie medie industrie, in attesa di rapinare tutto quanto sia profittevole, proprio come ha fatto in Grecia.

Berlusconi e Tangentopoli

Era il 1990. Bettino Craxi, telefonò a Berlusconi: «Lascia Mondadori a De Benedetti» gli disse «Non ostinarti. Io, te e De Benedetti dovremo fare un fronte unico». Bettino vedeva lungo, De Benedetti pure. Berlusconi, al solito, presumeva di vedere ancora più in là. Non ascoltò Bettino, nonostante gli recasse omaggio all’hotel Raphael tutte le sere. La sua fortuna imprenditoriale, televisioni e mattone, dovuta all’«amico Bettino», oramai era così solida da fargli presumere di poter fare meglio e di più senza il segretario socialista.
«Ah, non lasci Mondadori? Allora non sei mio amico» concluse Craxi chiudendo bruscamente la telefonata.
Berlusconi in effetti non gli era più amico da tempo. I tiggì di Mediaset e i giornali della casa cominciarono a suonare la grancassa a Tangentopoli. Vittorio Feltri sostituì Indro Montanelli a Il Giornale, che intraprese insieme ai direttori dei tiggì di Mediaset – Emilio Fede, Enrico Mentana e Luca Liquori – una linea ambiguamente giustizialista.
Quando Berlusconi si rese conto d’aver scatenato un mostro, fu troppo tardi, ma non abbastanza per non tentare da allora sgangherate campagne di delegittimazione della “magistratura comunista”, quella che lui stesso aveva incoraggiato agli inizi degli anni ‘90, tradendo Bettino Craxi, come più tardi tradirà Gheddafi.
Berlusconi decise allora di scendere in politica per salvaguardarsi. Agli inizi del 1994 una delegazione composta da Berlusconi, Antonio Martino, Luigi Caligaris e Gianni Letta si recò a Washington per chiedere e ricevere la benedizione di George Bush padre al progetto politico di Forza Italia. Il progetto era in linea con quanto Bush aveva già consentito a Soros negli anni precedenti: la distruzione della industrie italiane a vantaggio di quelle tedesche. La continuità di quel legame riaffiorò in occasione della crisi libica del 2011.
Il Partito Radicale, la Lega Nord e Antonio Di Pietro furono parte attiva del progetto, sotto il padrinato di Francesco Cossiga.
Il gioco si scoperchiò anche per i ciechi, a partire da Settembre 2010. Abbracci e baci con Muhammad Gheddafi, presidente libico. Le Frecce Tricolori fecero i numeri in onore del Colonnello. A marzo 2011, solo sei mesi dopo, Berlusconi inviò l’Aeronautica militare a bombardare il Colonnello. Era quanto esigeva la Casa Bianca su richiesta di Francia e Germania. Il petrolio libico doveva andare fuori mercato affinché le pompe francesi in Italia vendessero a costi vantaggiosi per Parigi. Gli aerei francesi violarono lo spazio aereo italiano per andare a bombardare Tripoli. Non chiesero il permesso  né comunicarono ad alcuno la violazione: non era necessario, così come si fa coi sudditi. I generali dell’Aeronautica Militare, custodi dello spazio aereo nazionale, si genuflessero ai padroni francesi. In conseguenza della crisi libica il PIL italiano precipitò e l’indice di occupazione perse sette punti. Quei generali ora vanno raccontando che il pericolo per le pensioni e per la produttività viene dal M5S e dai populisti.

Il Nemico Principale

Oggi anche i ciechi si rendono conto che per queste elezioni si sono svegliati tutti i kapò, quanti hanno – dal 1991 ai giorni nostri – costretto l’Italia nel campo di concentramento costruito da Francia e Germania: nei Balcani, in Grecia e appunto in Italia, depredando le popolazioni delle loro ricchezze, esattamente come fecero i tedeschi con gli ebrei.

Non c’è alcun dubbio che le responsabilità più pesanti di complicità ricadono su Berlusconi e su Prodi, agli albori del processo degenerativo. Costoro tuttavia poterono imperversare come sappiamo perché i rispettivi apparati – il PCI nelle sue mutazioni (Pds, Ds, ecc.) con IdV e i fossili del Pentapartito (DC, PSI, PLI, PRI e PSDI) – si prestarono ben volentieri, sotto l’accorta regia di Francesco Cossiga, l’artefice del bombardamento italiano di Belgrado nel 1998, quello che avrebbe fatto scuola a Giorgio Napolitano per il bombardamento italiano di Tunisi nel 2011, ambedue commettendo alto tradimento e violando le prerogative sovrane del Parlamento.

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Emma Bonino, immagine dell’Europa

        vecchia

        malata

        contro la vita

        contro la famiglia

        anti cattolica

        filo musulmana

        amica della grande finanza usuraia

        nemica della piccola e media impresa

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Il Partito Radicale ha avuto un ruolo né secondario né lieve, sin dalle manovre che portarono Oscar Luigi Scalfaro al Quirinale, isolando Bettino Craxi a premessa della sua distruzione politica e fisica.
Per comprendere fino in fondo l’intreccio FI-PD col filo radicale, bisogna ricordare due questioni, una del 2015 e l’altra recentissima.
A Caen, in Francia, il 21 marzo del 2015, il governo Renzi ha sottoscritto un accordo col quale sono state cedute alla Francia le acque più pescose al Nord della Sardegna. Qualcuno ha visto i radicali e FI mobilitare la piazza per questo alto tradimento? No, la Francia ha ordinato e i servi hanno obbedito.
Il 5 febbraio scorso Recep Tayyip Erdogan, presidente turco, è venuto a Roma. Ha ingiunto all’obbediente Gentiloni di ritirare la nave Saipem 12000 che esplorava i giacimenti petroliferi nelle acque territoriali di Cipro.
Il 9 febbraio la Turchia ha mandato cinque navi da guerra. La Marina Militare italiana ha risposto da par suo, continuando a imbarcare clandestini nel Mediterraneo, scaricandoli in Italia, mentre l’Esercito Italiano presidia il sacro confine francese di Ventimiglia affinché i profughi non diano fastidio a Parigi.
Alle esplorazioni nel mare cipriota sono interessate anche la francese Total e l’americana Exxonmobil. Si ritireranno anche loro?
Alzi la mano chi ha sentito un radicale alzare la voce contro queste gravissime violazioni della Costituzione e della sovranità italiane.
Alzi la mano chi li ha sentiti alzare una voce contro il nostro intervento militare in Niger, a difesa degli interessi strategici francesi, i quali predano l’uranio del Niger per le centrali nucleari con le quali ci forniscono l’energia elettrica che illumina i radicali, antinuclearisti della prima ora.

Per chi votare?

Queste elezioni sono estremamente importanti perché, chiunque le vinca, è esaurito il gioco di contrapporre gli italiani fra i capponi “fascisti” e  capponi “antifascisti”. I traditori sanno che per loro, entro poche settimane, può iniziare il conto alla rovescia per scoperchiarne le pesantissime responsabilità nella catastrofe italiana.
Gli interessi reali in gioco sono il patrimonio delle famiglie italiane e l’indipendenza del Paese.
Non è questione di pezzi di sovranità ceduti all’UE, no.
È proprio questione di superare la dipendenza coloniale dell’Italia dalla Francia e, per suo tramite, dalla Germania.
La vicenda del mare di Sardegna ceduto a Parigi, l’obbedienza al diktat di Erdogan (a vantaggio della Total francese) e prima ancora le ambiguità nel caso Regeni – dove una manina ha cercato di contrapporci all’Egitto con cui condividiamo interessi petroliferi strategici, tutto questo e infinite ulteriori questioni, dicono che siamo a un punto di non ritorno.
Chi è a sinistra e vuole mantenersi in quest’area, senza mettersi nelle mani di traditori e venduti, non può che votare il Movimento 5 Stelle. Certo non è la perfezione, ha molte tesi discutibili, a cominciare dai vaccini. Resta il fatto che è l’unico partito, a sinistra, a non essere stato complice dei tradimenti del PCI, delle sue mutazioni e dei suoi complici provenienti dalla Prima Repubblica (sinistra PSI, sinistra DC, magistrati e alti burocrati e Radicali).
Quanti vogliono votare a destra non hanno che due alternative: la Lega di Matteo Salvini oppure Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.
Certo, molti vorranno ricordarmi quanto pesantissime siano le responsabilità nello sfascio attuale della Lega Nord e di quanto rimane in Fratelli d’Italia delle mutazioni corrotte di Gianfranco Fini.
Epperò va osservato che la Lega di Salvini non ha più nulla a che vedere con Berlusconi e le sue campagne acquisti in campo leghista ai tempi di Bossi, né con le tresche indipendentiste con la Germania. La Lega oggi porta avanti un programma che ha concentrato su di sé le invettive più velenose da parte del PD e delle sue liste civetta, LeU e + Europa, palesemente schierati con gli interessi franco tedeschi.
Il programma di Salvini è dunque altamente affidabile per quanti votano da destra.
D’altronde, anche il partito di Giorgia Meloni è altrettanto affidabile e palesemente differente da quello ereditato da Ignazio Larussa. Costui, un incomparabile sciocco politico, pose il partito al servizio di Berlusconi, seguendone docilmente le indegne sorti. Fu docile al punto di presenziare al Consiglio Supremo di Difesa col quale Giorgio Napolitano ordinò di bombardare Gheddafi. E Larussa obbedì, esattamente come voleva il pavido Berlusconi. Ecco, una scena penosa di questa fatta con Giorgia Meloni appare assolutamente improbabile. Larussa è tuttavia candidato a Milano, ma comunque vada, è di certo l’ultima sua candidatura. In conclusione, M5S, Fratelli d’Italia e la Lega di Matteo Salvini presentano facce e politiche, certo criticabili e perfettibili, ma nuove e pulite.
Questi tre partiti – a sinistra e a destra – rispondono al requisito irrinunciabile dei politici. Essi sono come i pannolini dei neonati: vanno cambiati spesso e per lo stesso motivo dei pannolini. Non so chi l’abbia detto, ma conviene seguire questo suggerimento, perché è l’ultima possibilità che abbiamo. Se andasse male, non cederemo solo il mare di Alghero, ma il futuro nostro e dei nostri figli. Non rimarrebbe altro che la speranza d’uno scoppio di violenza. Dopo tutto è meglio un tratto di penna ben collocato sulla scheda. A proposito, attenti alle trappole della scheda. Informatevi bene su “come” votare. Che Dio ci benedica e ci aiuti.

[1] In quelle ore nei corridoi del ministero della Difesa si disse che all’Italia di dava l’opportunità di “porgere il caffé” alla Brigata franco tedesca. Non di meno la proposta sarebbe passata, grazie alla superficialità con la quale, prima il ministro Mino Martinazzoli e poi Virginio Rognoni,  ressero il dicastero della Difesa in quegli anni.

[2] Da marzo a settembre 1992 montò una speculazione senza precedenti contro la lira. Carlo Azeglio Ciampi, governatore di Bankitalia, invece di portare “come chiedeva il mercato” la parità sul marco da 750 a mille, “resistette per sei mesi”, bruciando 60mila miliardi di riserve dell’istituto centrale. I bene informati scommisero sul marco in quei sei mesi, acquistandolo a 750 lire, vedendolo apprezzare a 1000 lire a settembre; 25 per cento di plusvalore. Otto anni dopo, per un euro occorsero due marchi oppure 1900 lire. Chi aveva acquistato marchi a 750 lire nell’estate del 1992, acquistò quindi l’Euro a 1500 lire. Un affare a spese degli italiani.

Oggi la convertibilità del marco in euro è del tutto aperta e lo sarà in perpetuo. Gli speculatori del 1992 possono convertire con discrezione piccole somme senza dare nell’occhio. I risparmiatori italiani in lire invece hanno contro la Banca d’Italia e il governo.

[3] Il presidente degli Stati Uniti Dwight D. Eisenhower nel discorso d’addio alla nazione del 17 gennaio 1961, additò il pericolo connesso agli accordi segreti fra potere politico, industria bellica e militari: «…Un elemento vitale nel mantenimento della pace sono le nostre istituzioni militari. Le nostre armi devono essere poderose, pronte all’azione istantanea, in modo che nessun aggressore potenziale possa essere tentato dal rischiare la propria distruzione…

Questa congiunzione tra un immenso corpo di istituzioni militari ed un’enorme industria di armamenti è nuovo nell’esperienza americana. L’influenza totale nell’economia, nella politica, anche nella spiritualità; viene sentita in ogni città, in ogni organismo statale, in ogni ufficio del governo federale. Noi riconosciamo il bisogno imperativo di questo sviluppo. Ma tuttavia non dobbiamo mancare di comprendere le sue gravi implicazioni. La nostra filosofia ed etica, le nostre risorse ed il nostro stile di vita vengono coinvolti; la struttura portante della nostra società.

Nei concili di governo, dobbiamo guardarci le spalle contro l’acquisizione di influenze che non danno garanzie, sia palesi che occulte, esercitate dal complesso militare-industriale. Il potenziale per l’ascesa disastrosa di poteri che scavalcano la loro sede e le loro prerogative esiste ora e persisterà in futuro.

Non dobbiamo mai permettere che il peso di questa combinazione di poteri metta in pericolo le nostre libertà o processi democratici. Non dobbiamo presumere che nessun diritto sia dato per garantito. Soltanto un popolo di cittadini allerta e consapevole può esercitare un adeguato compromesso tra l’enorme macchina industriale e militare di difesa ed i nostri metodi pacifici ed obiettivi a lungo termine in modo che sia la sicurezza che la libertà possano prosperare assieme… » (Dwight D. Eisenhower, Discorso di addio alla nazione del presidente, 17 gennaio 1961)

[4] Il c.d. “milazzismo”, nei primi anni di vita della Repubbloica, è un classico degli intrecci torbidi, nazionali e internazionali. Il “milazzismo” si inserì torbidamente nel già torbido di suo, dello scenario del secessionismo siciliano, con l’EVIS (Esercito Volontari Indipendentisti Siciliani) e le gesta di Salvatore Giuliano. Alla fine degli anni ’50, col “milazzismo”, PCI e MSI si allearono per governare la Sicilia “in nome dei superiori interessi dei siciliani”, come disse il segretario regionale del PCI, Emanuele Macaluso, con la benedizione solenne del compagno Palmiro Togliatti e di quella più discreta dell’ambasciata statunitense.

[5] Proprio come oggi fanno Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Emma Bonino e Laura Boldrini. E Pietro Grasso? Non conta nulla.

 

 

 

Informazioni su Piero Laporta

Dal 1994, osservate le ambiguità del giornalismo italiano (nel frattempo degenerate) Piero Laporta s’è immerso nella pubblicistica senza confinarsi nei temi militari, come d'altronde sarebbe stato naturale considerando il lavoro svolto a quel tempo, (Ufficio Politica Militare dello Stato Maggiore della Difesa). Ha collaborato con numerosi giornali e riviste, italiani e non (Libero, Il Tempo, Il Giornale, Limes, World Security Network, ItaliaOggi, Corriere delle Comunicazioni, Arbiter, Il Mondo e La Verità). Ha scritto “in Salita, vita di un imprenditore meridionale” ed è coautore di “Mass Media e Fango” con Vincenzo Mastronardi, ed. Leonardo 2015. (leggi qui: goo.gl/CBNYKg). Il libro "Raffiche di Bugie a Via Fani, Stato e BR Sparano su Moro" ed. Amazon 2023 https://shorturl.at/ciK07 è l'inchiesta più approfondita e documentata sinora pubblicata sui fatti del 16 Marzo 1978. Oggi, definitivamente disgustato della codardia e della faziosità disinformante di tv e carta stampata, ha deciso di collaborare solo con Stilum Curiae, il blog di Marco Tosatti. D'altronde il suo più spiccato interesse era e resta la comunicazione sul web, cioè il presente e il futuro della libertà di espressione. Ha fondato il sito https://pierolaporta.it per il blog OltreLaNotizia. Lingue conosciute: dialetto di Latiano (BR) quasi dimenticato,, scarsa conoscenza del dialetto di Putignano (BA), buona conoscenza del palermitano, ottima conoscenza del vernacolo di San Giovanni Rotondo, inglese e un po' di italiano. È cattolico; non apprezza Bergoglio e neppure quanti lo odiano, sposatissimo, ha due figli.
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16 risposte a Per chi votare? Non per i kapò di Francia e Germania

  1. gab scrive:

    volevo ringraziare per l’ottima spiegazione del piano A, ma temo che il piano B sia proprio il governo Lega MS

    per il quale si fanno l’occhiolino da tempo

  2. ENRICO PIERMARTIRI scrive:

    Affascinante la ricostruzione storica e condivisibile, anche nei suoi aspetti apparentemente fantapolitici. Domando: in un mondo a trazione cinoamericana, da soli dove andiamo ? I franco tedeschi sono indigesti, ma pensare al M5S per contenerli mi sembra ingannevole. Propenderei per un asse FI-Lega e cespugli minori. Quindi voto il cdx, anche a difesa della nostra cultura cristiana, umiliata dalle leggi mortifere ed innaturali degli ultimi tempi,approvate da una sinistra sciagurata. Grazie dott. Laporta

    • Piero Laporta scrive:

      Sono io che ringrazio lei e le sarei ancora più grato se cortesemente mi additasse gli “aspetti apparentemente fantapolitici”. Sarei lieto di fugare ogni dubbio. Vorrei solo aggiungere che sono convinto quanto lei che M5S da solo non rimedia un bel nulla. Mi auguro, a urne aperte, una profonda riflessione delle forze politiche che spazzino via il PD per andare davvero verso un governo che punti all’interesse nazionale. E’ un sogno? Certo e posso coltivarlo almeno fino a lunedì. Poi, chissà… 🙂

  3. Calogero scrive:

    Grazie del tuo splendido articolo Piero.
    Il voto a Bagnai e Borghi e quindi Lega, è doveroso per chiunque ami la propria Patria. Sperem in ben. Che Dio ci aiuti.

  4. Antonio Comi scrive:

    Mi ero determinato anch’io, caro LaPorta , a non andare a votare , ma negli ultimi giorni ho cambiato idea…voterò Salvini..nella speranza che possa mantenere gli impegni …io non ho la sua memoria storica ..ma parecchi degli avvenimenti narrati si incastrano bene nei miei ricordi . Concordo che gli ultimi governi non siano serviti a molto nel ridisegnare il nostro apporto all’Europa…e forse è il momento di farsi avanti..credo .
    Non voto i 5* solo perché li vedo impreparati al compito, ma qui nel Veneto…dove vivo adesso…la Lega può disporre di molti funzionari capaci…Mi auguro che riescano a snellire la burocrazia…la giustizia…e a battere i pugni in Europa…
    Saremo con loro…io lo sono….cari saluti..e a presto
    Antonio Comi

  5. oscar scrive:

    Sagge quanto ineluttabili le tue indicazioni di voto! … Poi sarà quel che sarà. Non sono tanto ottimista quanto Di Maio e Salvini. Mattarella non è lì per caso e qualche “birbonata di scopo” può sempre saltar fuori dal cilindro del mago. I Bonino, i Grasso, i Cesa, i Fitto, il Berlusca e via discorrendo non aspettano altro. Lo scopo? Rifare la legge elettorale! (sic).
    … Poi altri 5 anni di nefandezze.

    • Piero Laporta scrive:

      I piani di don Sergio Mattarella sono noti e dichiarati. Vedremo se, aperte le urne, oserà calpestare la Costituzione e l’Italia più di quanto abbia sinora fatto. D’altronde i tuoi timori sono più che fondati. I numeri saranno fondamentali, quindi ogni voto è importante.

  6. alessandro gentili scrive:

    Caro Piero,
    in primis, grazie per averci regalato una analisi così suggestiva e ampia delle vicende disgraziate di un paese molto digraziato perché da sempre in mano a disgraziati di ogni risma. Qui disgraziati non sta a significare caduti in disgrazia o senza grazia, bensì furbacchioni, maldestri e spesso manigoldi incalliti.
    Francia e Germania: un vecchio rapporto di amore e odio. Sentimenti che non si cancellano.
    Io sono sempre più convinto che gli alleati hanno fatto due grandissime cazzate: la Germania sarebbe dovuta rimanere divisa e permanentemente occupata e lo stesso trattamento doveva essere riservato all’Italia e al Giappone.
    Noi con un’amministrazione militare alleata saremmo stati un paese più civile, più florido, più organizzato.
    Pensiamo che quello che fu il Lombardo Veneto rappresenta oggi il meglio dell’Italia, solo perché i suoi abitanti hanno avuto la fortuna di essere stati educati dagli Asburgo e ne hanno ereditato la tradizione amministrativa dove burocrazia era sinonimo di efficenza!
    Oggi? Non ci resta che piangere e tirare a campare. E per quello che riguarda me e Te e quelli come noi non va poi tanto male. Ma durerà?
    Certo, prima o poi, il giocattolo rotto con cui giochiamo tutti, soprattutto i nostri pessimi politici, potrebbe rompersi del tutto. . .
    Tu sai che io ritengo motivatamente inutile votare, come buona parte degli italiani. Sai anche che ritengo stupido mantenere il suffragio universale!!! IO, se può votare qualunque imbecille, morto di fame per scelta o delinquente, non mi voglio confondere con quella marmaglia.
    Sai anche che io ritengo presupposto irrinunciabile per rimettere in carreggiata il paese, gettare nel cestino la nostra vecchia inutile e dannosissima costituzione che, come quella della 4° repubblica francese (1946-1958), determina la ingovernabilità! 68 governi in 70 anni!!!
    In Francia con la 5° repubblica i governi sono durati sempre 5 anni!!! E i risultati si vedono.
    Dunque, io ribadisco l’assoluta inutilità di andare a votare, ma se dovessi andarci non potrei che concordare con TE!

  7. Viola bruno scrive:

    Credetemi io ho due ragazzi, 20 e 18 anni, mi chiedono cosa devono votare, per la prima volta sono nella confusione piu totale, pur avendo circa 40 anni di militanza politica in cui ho fatto anche una esperienza amministrativa come assessore nel mio comune

  8. stefano diana scrive:

    Ciao Piero, io ti seguo sempre volentieri, ma non seguirò le tue indicazioni. Voterò CasaPound. Credo che il governo che verrà sarà un inciucio tecnico da far rimpiangere Monti e a questo punto voto perché in parlamento ci sia una vera opposizione. Da quello che sento dire in giro potrebbe superare la soglia di sbarramento.

  9. Federico Dezzami scrive:

    Gorbacev fu agganciato in Regno Unito, durante la visita alla Thatcher a metà anni ’80.
    I nostri nemici sono disposti in ordine gerarchico: Francia e Germania sono i più vicini, non i più pericolosi né i più potenti.

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