Giustizia? Cominciamo da Ferrovie

renzi morettiFerrovie dello Stato  possiede treni, binari e stazioni: la giustizia? E’ altrove.

No, non mi riferisco alla giustizia che attende Viareggio per la strage del treno, le cui responsabilità si vanno delineando ma non definendo. Quella giustizia per le povere vittime e per i poveri familiari se è quando arriverà non sarà mai abbastanza severa e tutto fa ritenere che si vada verso un altro “mistero d’Italia”, piuttosto che fare davvero luce sulle responsabilità.

Mi riferisco a una (in)giustizia nell’amministrare la “cosa pubblica”, nelle Ferrovie smarritasi da tempo immemorabile e non di meno i responsabili fanno mostra di chissà quali benemerenze, con faccia tosta che la dice lunga sul loro rispetto per i cittadini contribuenti, soprattutto quei pendolari paganti, oltre al biglietto, un avvilimento quotidiano e doloroso alla inefficienza accompagnata da arroganza senza limiti, rafforzata da una situazione intollerabile di privilegio.

Per ora ci basti osservare che nessuna compagnia navale è padrona dei porti, né può esercitare diritti interdittivi sulle rotte. Nessuna compagnia aerea possiede i vettori e, allo stesso tempo, gli aeroporti e le società di controllo del volo.

Ferrovie dello Stato invece monopolizza vettori, infrastrutture e rotte (cioè i binari), in misura non consentita a nessun altro operatore dei trasporti.

Ferrovie dello Stato è un monopolio in barba a ogni elementare senso di giustizia: possiede vettori, infrastrutture e binari. Una situazione, fin dagli esordi, al centro di scambi inconfessabili coi partiti. Oltre a impedire una sana concorrenza, è una zavorra economica per il paese, tanto più insopportabile quanto più si prolunga la corrente crisi finanziaria. E’ un’offesa al più elementare senso di giustizia.

Il disagio dei pendolari, pure pesantissimo, fa velo al danno più grave e più subdolo, della ingravescente subordinazione delle ferrovie italiane a interessi esterni. Effetto gravissimo, quanto una guerra perduta, nonostante massicci trasferimenti di denaro dallo Stato verso le casse di FS, le quali, come accadde per Fiat, sono private quando incassano e pubbliche per i debiti. Il punto di (s)quilibrio di tale modo di procedere lo si ricerca, com’è ben noto, attraverso i servigi dell’Agenzia delle Entrate spremendo i cittadini. E’ un’offesa alla giustizia? Non è una preoccupazione di Matteo Renzi né di quanti lo precedettero.

Le cifre del fallimento. Nel 2000 avevamo 16mila chilometri di binari; oggi sono poco meno di 17mila; incremento intorno a 1%. Le locomotive nel 2004 erano 2.280, oggi sono  1.731; decremento del 24%. Le carrozze passeggeri nel 2004 erano 8.010, oggi sono 6.288; decremento del 21%, in massima parte gravitante sul trasporto pubblico locale. Avevamo 48mila carrozze merci nel 2000; oggi sono 25.665, cioè la metà di dieci anni fa.

La capacità di Ferrovie dello Stato di trasporto locale dei passeggeri, calata d’un quinto, non favorisce né la ripresa economica né la competitività delle imprese. Peggiore e più indicativo il dato sul trasporto merci, una scelta strategica apparentemente inspiegabile in una prospettiva di competitività col centro Europa e, soprattutto, con la Germania.

taranto rotterdam20La disfatta di Ferrovie è illustrata da un dato significativo: un container sbarcato nel porto di Taranto impiega 624 ore per coprire i 980 chilometri fino a Milano; lo stesso container, sbarcato nel porto di Rotterdam percorre in 336 ore i 1.064 chilometri fino a Milano.

FS trasportano il container con velocità media di 1,5 chilometri all’ora. Le ferrovie tedesche hanno velocità quasi tripla. Gli spedizionieri preferiranno utilizzare il porto di Rotterdam o quelli dell’Italia meridionale? Con tali velocità di trasporto, non solo perdiamo con Rotterdam, ma anche con Brema, Amburgo e tutti i rimanenti porti del nord d’Europa

Mauro Moretti è stato Amministratore Delegato del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane da Settembre 2006 fino a un mese fa. Nel 2006 i trasferimenti dallo Stato a FS per le ferrovie regionali furono pari a 1,3 miliardi. Dal 2006 a oggi quei trasferimenti si sono incrementati di 100 milioni ogni anno.

Moretti, presentando il piano industriale del suo gruppo, annunciò un massiccio investimento di 27 miliardi, gravitante su Lombardia, Veneto, Lazio, Campania. I rimanenti cinque ottavi di territorio nazionale saranno dunque penalizzati. Qual è la giustizia in questa decisione?

Tutte le località della fascia adriatica, fino a Lecce, cui si sommano Basilicata, Appenino e Calabria – rimangono tagliate fuori dall’alta velocità con penalizzazioni incalcolabili, tanto più pesanti perché cristallizzate da un piano di (non) sviluppo che perdura senza interruzioni dal 2006, quando Moretti si  insediò.

Hanno un bel fumigare retorica del sostegno al Meridione: nei fatti è invece una marginalizzazione dell’Italia e più ancora del Meridione proprio rispetto alla Germania, il cui vantaggio competitivo, rappresentabile col traffico sul porto di Rotterdam, è ben più pesante di quanto appare proprio perché Ferrovie dello Stato, un’azienda italiana, massicciamente finanziata dallo Stato, opera scelte strategiche che privilegiano gli interessi tedeschi piuttosto che quelli italiani.

Moretti è stato molto abile a portare l’attenzione dei media sulle questioni residuali, come il suo sproporzionato stipendio o il disagio dei pendolari, pure pesantissimo.

Quando presentò il piano industriale – pochi giorni dopo aver acceso le polemiche sul suo stipendio – andò all’attacco: «Non si si può continuare a dire che bisogna fare quello che la gente desidera senza risorse adeguate» aggiungendo «avevo proposto a Prodi e a Padoa Schioppa un piano per l’acquisto di mille treni, per un costo di sei miliardi. Tre li avremmo messi noi, 3 lo Stato. Noi abbiamo messo i nostri, dallo Stato non è arrivato nulla».

Peccato che i giornalisti coi biglietti gratis di Ferrovie non ricordino che dal 2006 lo Stato accantonò inutilmente 739 milioni per rinnovare le flotte. Poi i costi lievitarono a tal punto che lo Stato, per fare fronte alle pretese di FS, dovette incrementare da 1,3 a 1,8 miliardi i trasferimenti, perché FS fa pagare alle regioni, oltre al costo del trasporto, il pedaggio dei binari e i servizi accessori, senza tuttavia migliorare il servizio anzi peggiorandolo.

In conclusione la finta privatizzazione di FS è – e non poteva essere altrimenti – un gigantesco danno per il contribuente viaggiatore. Finora ha funzionato l’espediente di fare immagine con le “frecce”, con l’alta velocità che copre solo una porzione minima delle esigenze di trasporto. L’espediente funziona grazie a campagne pubblicitarie che fanno perno sulla clientela privilegiata delle Frecce: politici, imprenditori e soprattutto giornalisti conniventi, i quali non si domandano perché i giornali non li comperano più neppure per incartare il pesce.

Gli espedienti sono tuttavia effimeri e i numeri non danno requie. Il problema non è lo stipendio esagerato e sfrontato di Mauro Moretti oppure il disagio e intollerabile per i pendolari. Queste sono questioni tattiche. Il problema strategico è una vera privatizzazione che metta FS in condizioni di produrre utili senza attingere alle casse dello Stato e, allo stesso tempo, agire in vera concorrenza con le compagnie del Centro Europa.

Il treno italiano corre verso il disastro. Occorre fermarlo per farlo ripartire sul binario giusto.

Mauro Moretti è nel frattempo transitato al vertice di FINMECCANICA. Lo stipendio di 850mila euro da primo capostazione d’Italia, lieviterà fin quasi al doppio coi fringe benefit e i premi di produzione.

Se il governo di Matteo Renzi ha ritenuto di premiarlo nonostante i ceffoni che Mauro Moretti gli ha sferrato pubblicamente, qualche concreto eppur liquido motivo di comune interesse deve pur esserci. Resta tuttavia difficile comprendere dove sia la giustizia in tutto questo mentre i cittadini contribuenti sono aggrediti dalla crisi e dall’Agenzia delle Entrate di Matteo Renzi

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Informazioni su Piero Laporta

Dal 1994, osservate le ambiguità del giornalismo italiano (nel frattempo degenerate) Piero Laporta s’è immerso nella pubblicistica senza confinarsi nei temi militari, come d'altronde sarebbe stato naturale considerando il lavoro svolto a quel tempo, (Ufficio Politica Militare dello Stato Maggiore della Difesa). Ha collaborato con numerosi giornali e riviste, italiani e non (Libero, Il Tempo, Il Giornale, Limes, World Security Network, ItaliaOggi, Corriere delle Comunicazioni, Arbiter, Il Mondo e La Verità). Ha scritto “in Salita, vita di un imprenditore meridionale” ed è coautore di “Mass Media e Fango” con Vincenzo Mastronardi, ed. Leonardo 2015. (leggi qui: goo.gl/CBNYKg). Il libro "Raffiche di Bugie a Via Fani, Stato e BR Sparano su Moro" ed. Amazon 2023 https://shorturl.at/ciK07 è l'inchiesta più approfondita e documentata sinora pubblicata sui fatti del 16 Marzo 1978. Oggi, definitivamente disgustato della codardia e della faziosità disinformante di tv e carta stampata, ha deciso di collaborare solo con Stilum Curiae, il blog di Marco Tosatti. D'altronde il suo più spiccato interesse era e resta la comunicazione sul web, cioè il presente e il futuro della libertà di espressione. Ha fondato il sito https://pierolaporta.it per il blog OltreLaNotizia. Lingue conosciute: dialetto di Latiano (BR) quasi dimenticato,, scarsa conoscenza del dialetto di Putignano (BA), buona conoscenza del palermitano, ottima conoscenza del vernacolo di San Giovanni Rotondo, inglese e un po' di italiano. È cattolico; non apprezza Bergoglio e neppure quanti lo odiano, sposatissimo, ha due figli.
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4 risposte a Giustizia? Cominciamo da Ferrovie

  1. Enrico Ceotto scrive:

    Interessante ed istruttivo. Sono un pendolare che tutti i giorni trascorre due ore del suo tempo in viaggio. Tra sporcizia, ritardi e cancellazioni dei treni spesso si ricava l’impressione di essere trattati come bestie. Il servizio dei treni ad alta velocità è oggettivamente buono, peccato che sia peggiorato di MOLTO il servizio su tutte le tratte secondarie. Insomma, siamo un paese a due velocità, che non ha saputo conciliare le esigenze di collegamento tra grandi città con quelle tre città piccole o medio piccole. Basta prendere un treno nei paesi nel nord europa per constatare le differenze.

    • Piero Laporta scrive:

      La ringrazio d’aver pescato un articolo alquanto datato. Mi ha indotto a rileggerlo per constatare che non è invecchiato affatto, come temevo. La prima volta che presi un treno all’estero, tanti tanti anni fa, provai vergogna per il mio paese. Nulla o quasi è mutato.

  2. massimo bufacchi scrive:

    come ti capita spesso, hai ragione, ma la stampa “ufficiale” non ha alcun interesse a rilevare questo stato di cose. Certo, pubblicano i lamenti di quei disgraziati pendolari che viaggiano al freddo, in ritardo e stipati per andare al lavoro, ma nessuno se l’è mai presa con i vertici. Chissà come mai……..

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